Mela Rosa Romana
La mela Rosa Romana dell’Appennino è una mela unica nel suo genere, di tipologia ben differente dalle altre mele per forma, colorazione, aspetto, qualità estetiche, gustative e di conservazione
Il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna ha condotto una mappatura e caratterizzazione molecolare degli alberi secolari ancora sopravvissuti in Appennino per stabilirne il patrimonio genetico, affinché non si perda l’originalità del frutto con caratteristiche particolari. L’eccellenza qualitativa della mela si combina e viene esaltata da fattori territoriali-ambientali (climatici e pedologici) che la rendono incomparabile alle mele della stessa varietà coltivate in pianura. Grande, dunque, è il suo potenziale commerciale, di cui si intravede lo sviluppo intrapreso da imprenditori dell’alta Valle del Reno, che ne stanno riprendendo la coltivazione seppure con difficoltà legate alle variazioni climatiche, alla produttività degli alberi, medio-bassa e incostante, anche perché triploide; alla pezzatura ridotta dei frutti, specie alle altitudini maggiori. La suscettibilità a ticchiolatura, oidio, butteratura amara e riscaldo superficiale è elevata e occorre dunque programmare una tecnica colturale molto accurata (fertirrigazione, irrigazione e difesa sanitaria), con interventi e input chimici difficili da rendere compatibili con un’auspicabile produzione biologica.
La «Rosa romana»: mela unica, facilmente riconoscibile. Forma appiattita, peduncolo corto Buccia gialla sfumata di rosso, appena untuosa Polpa compatta, succosa, fine, non croccante, non astringente Sapore dolce-acidulo equilibrato, aromatico, con retrogusto leggermente amarognolo Conservazione: molto serbevole (senza frigo 4 mesi) Fisiopatie: soggetta a «butteratura amara» (piante giovani) Composizione chimica e valore energetico della mela, senza buccia (100 g) – valore nutrizionale